Recentemente, l’Agenzia delle Entrate ha fornito chiarimenti significativi riguardo all’erogazione di fringe benefit ai dipendenti tramite carte di debito nominative. Con la risposta n. 5 del 15 gennaio 2025, l’Agenzia ha stabilito che tali carte possono essere considerate documenti di legittimazione. Di conseguenza, il datore di lavoro, in qualità di sostituto d’imposta, non è tenuto ad applicare la ritenuta a titolo d’acconto sugli importi utilizzati dai dipendenti per l’acquisto di beni e servizi previsti dal piano di welfare aziendale.
Nel caso specifico esaminato, il servizio di welfare offerto prevede l’assegnazione di fringe benefit attraverso una carta di debito nominativa attribuita ai dipendenti. Questa carta può essere utilizzata esclusivamente per fruire, presso fornitori specificamente individuati, dei beni e servizi messi a disposizione dal datore di lavoro, entro il limite del budget assegnato. È importante sottolineare che la carta non è monetizzabile né convertibile in denaro; sono infatti precluse operazioni come prelievi o versamenti di contante, trasferimenti di denaro a terzi o rimborsi. Inoltre, la carta è nominativa, utilizzabile unicamente dal dipendente tramite un PIN personale o riconoscimento biometrico, e non è cedibile a terzi. È previsto anche il divieto di utilizzo promiscuo della carta, ossia l’uso del budget assegnato per fini diversi da quelli previsti dal piano di welfare aziendale.
Questa interpretazione dell’Agenzia delle Entrate rappresenta un’importante opportunità per le aziende che desiderano implementare piani di welfare aziendale, offrendo ai dipendenti benefit aggiuntivi senza oneri fiscali aggiuntivi.
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